In Gara

Il nostro martello è in mano a mia figlia

Martina Glenda

regia Martina Glenda

anno 2023

attori Federica Carruba Toscano Arianna Cremona

scheda artistica

Sarah e Hannah sono due giovani sorelle che si trovano a prendersi cura della bisognosa madre malata dopo che il padre le ha lasciate. La donna, per sopravvivere, si appiglia ai ricordi di tempi migliori che si materializzano nel camioncino del marito e in Vicky, una pecora che l’uomo le aveva regalato e che ora lei tratta non come capo di bestiame ma come animale domestico. Sarah ed Hannah sono molto diverse ma vivono la stessa oppressione rispetto alla situazione che le circonda. Entrambe sognano di lasciare la piccola cittadina tra le praterie che le tiene prigioniere. Il dramma familiare presto si tinge di thriller, evolvendosi in un susseguirsi di azioni violente dalle quali è impossibile tornare indietro.
Il testo concede l’opportunità di affrontare temi intramontabili quali la difficoltà dei rapporti familiari e l’incidenza di questi sul destino di un individuo. Tutto quello che si fa appare condizionato e quando lo si fa sembra che qualcuno l’abbia già fatto prima, che ce l’abbia insegnato senza insegnarcelo. Si sviluppa un’analisi sulla ciclicità dei ruoli familiari che vengono tramandati involontariamente di generazione in generazione quasi come patrimonio genetico. Nel tentativo di spezzare questa catena, nel testo, si ricorre a un atto estremo e irreparabile. La violenza con cui si decide di affrontare la situazione è un tema più desueto e inquietante. Così inquietante perché più vicino alla nostra natura di quanto effettivamente si voglia ammettere. Ancora più interessante è questa violenza di mano femminile. Culturalmente si è meno inclini ad attendersi violenza da una donna, culturalmente una donna è meno incline ad esprimersi con violenza. Grazie a questa operazione si coglie l’opportunità di elaborare un aspetto spesso represso e non gestito della personalità femminile.
Hannah e Sarah raccontano la loro storia in una serie di monologhi che si intrecciano e si completano. Il mancato scambio di battute dirette traduce una reale assenza di comunicazione tra le due o forse è solo quello che vogliono far credere? Le interpreti, nel restituire questa storia, alternano una recitazione sincera ed empatica ad una serie di movimenti che rimandano ad una struttura rituale. L’idea di rito diventa guida primaria per l’impostazione dell’azione scenica. Questo cerimoniale permette di rimettere in azione il passato. Tutto ciò che viene raccontato accade mentre lo si racconta. Il desiderio finale è la speranza di essere liberate. Il racconto assume così funzione espiatoria e catartica. Diventa fondamentale la necessità di farsi ascoltare. Per colmare questo bisogno, l’azione scenica è strutturata in un dialogo diretto con il pubblico che nello scambio assume quasi i poteri di un’autorità purgatoriale.

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