In Gara

Dio non parla svedese

Diego Frisina

regia Ludovico Buldini

anno 2021

attori Diego Frisina

scheda artistica

SINOSSI
Un giovane uomo è in una camera da letto; è affannato e stringe in mano un coltello. Nella stanza si sente la musica di un vecchio carillon. La madre dell’uomo è a terra, lui si precipita su di lei e prova a risvegliarla; dopo pochi istanti nella stanza entra suo padre. Impugna una pistola e la punta contro il giovane. Lo shock produce uno scollamento dalla realtà, un blackout cognitivo. Quando l’uomo riapre gli occhi si trova gettato in un non-luogo, svincolato dal tempo e dallo spazio. Indossa vestiti che non riconosce e vede un pubblico davanti a sé. Lui comprende l’assurdità della situazione, ma non sembra sorpreso, stava aspettando questo momento da anni. È infatti affetto da una patologia ereditaria neurodegenerativa, la Corea di Huntigton, la cui ineluttabilità incombe su di lui dall’adolescenza e che sembra aver finalmente deciso di dar prova di sé determinando il delirio dispercettivo nel quale si ritrova prigioniero. L’uomo non può che assecondare questa nuova condizione lasciandosi andare ad un flusso di coscienza del quale non sembra essere così in controllo come vorrebbe far credere. Al centro di tutto c’è la malattia, vista come radice della propria sofferenza, ma anche come pretesto per poter essere liberi nell’unico modo veramente possibile: svincolati da ogni morale, da ogni illusione, da ogni tentativo di attribuire significati ad un qualcosa, la vita, che non ne ha. Il nichilismo diventa l’unica strada veramente meritevole di essere percorsa, di questo sembra volerci convincere il protagonista, come farebbe un profeta illuminato, attraverso un monologo violento, ironico e disincantato. Lo spazio misterioso in cui si trova prigioniero/ospite, dapprima suo alleato, lentamente inizia a ribellarsi, a costringerlo a fare i conti con tutte le scelte, libere o meno, che l’hanno condotto a questo punto della sua vita, determinando un graduale ritorno alla realtà, dove il giovane, con una nuova consapevolezza, sarà chiamato ad una scelta fatidica. Nel complesso risulta un’opera che oppone alla componente tragica, costantemente sottesa, degli elementi vicini alla stand up comedy, con l’idea di utilizzare “la risata come mezzo per far abbassare la guardia allo spettatore, per poterlo colpire in pancia con il dramma”.

NOTE DI REGIA
La messa in scena dello spettacolo è minimalista: non è presente una scenografia, solo una manciata di oggetti di scena, ognuno con un preciso ruolo drammaturgico. Lo spettacolo presenta due piani separarti: un piano di realtà, che avviene nel presente e che fa da cornice alla vicenda, e un piano metafisico, che si sviluppa fuori dal tempo e in cui si svolge la maggior parte dell’azione scenica. La separazione tra questi due ambiente è resa dall’utilizzo delle luci e dall’impalcatura sonora (l’impianto sonoro ha un ruolo chiave nella messa in scena, agendo sia come alleato che come “antagonista” o contro canto del protagonista). Il resto è affidato alla recitazione.

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