In Gara

ILLIBERIS

Alessandro Sesti

regia Francesco Bianchi

anno 2023

attori Alessandro Sesti Debora Contini

scheda artistica

Perché la nostra generazione ha paura di avere figli?
Non è un’impressione. Nel nostro Paese le nascite non sono mai state così basse dal 1861.
Dalle interviste emerge che la prima causa sia la paura di non poter sostenere economicamente la crescita di un figlio, ma in egual misura i giovani parlano di una paura generale per la deriva verso cui il mondo sta andando.
Anche noi facciamo parte di quei giovani, non più giovanissimi che vogliono avere un bambino ma non se la sentono al giorno d’oggi.
Precarietà del lavoro, incertezza sulle condizioni climatiche, economiche e sociali, impoverimento culturale, mancanza di tutele sociali e potremmo continuare ancora a lungo.
Ma cosa accadrebbe se il mondo, all'improvviso, avesse un’inversione di tendenza?
Se da domani tutto iniziasse a girare per il verso giusto, ci riapproprieremmo del nostro innato istinto di conservazione della specie?
Immaginiamo un mondo ideale dove l’ignoranza è un crimine, dove la violenza è stata debellata, dove solo gli intellettuali siedono al potere e governano in maniera illuminata la cosa pubblica, dove le aberrazioni sociali del razzismo, del bullismo, e del più piccolo pregiudizio siano state ormai debellate. Un mondo tale sarebbe così bello da sembrare una fiaba. Una fiaba che abbiamo deciso di raccontare.
Tutto inizia con la nascita di un principe e la festa che suo padre, il Re, ha organizzato per l’occasione. Personaggi da tutte le fiabe giungono per festeggiare, e anche le fate fanno il loro ingresso, portando in dote i doni desiderati dal Re per suo figlio. Tutto procede per il meglio, ma come in ogni fiaba che si rispetti, arriva una fata nera non invitata, che per vendicare l’affronto subìto, scaglia un maleficio sul Re.
Le fiabe, sono fatte di simboli. I simboli ci aiutano ad accorciare la strada per capire.
Come riuscirà il re a spezzare l’incanto? Vorrà davvero farlo?
Il racconto viaggia in un costante entrare ed uscire dalla struttura della fiaba, momenti in cui si lascia spazio alla stand up comedy per affrontare la reale paura del narratore di avere un figlio in questo momento storico. Ed è così che appaiono ex compagni del liceo ormai genitori che ricordano al protagonista che non è una questione di incoscienza avere un figlio, un’apocalisse baby-zombie, ed un rapidissimo gioco-trappola che porta il pubblico ad una consapevolezza inquietante: nella lingua italiana non esiste un termine che significata “senza figli”. Esiste in molte altre lingue: “childless” in inglese, “kinderlos" in tedesco, “ateknos” in greco, “bezdzietny” in polacco e così via, fino al più antico “Illiberis” in latino. Ecco che qui abbiamo un dato importante: il linguaggio è lo specchio della società e della cultura di un popolo. Non è strano pensare che la nostra lingua, derivante dal latino, abbia perso un termine che indicava una persona “senza figli”? Evidentemente i nostri antenati reputavano questo un fatto possibile ed ora non lo è più?

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