In Gara
Storia di uno che mi somiglia
Kontra Moenia

regia Arianna Di Stefano / Livio Remuzzi
anno 2022
attori Livio Remuzzi
scheda artistica
È necessario proteggersi dal proprio dolore? Si.
E dal dolore degli altri? Esiste un sano egoismo? Essere fragili è ancora un valido motivo per non guardare il telegiornale?
Ma soprattutto: è davvero necessario farsi tutte queste domande? Non potremmo procrastinare un po’ con grande serenità come fanno le persone adulte?
Storia di uno che mi somiglia è uno spettacolo ibrido che - in un continuo dialogo diretto con il pubblico - cammina in bilico tra teatro, stand up commedy, performance e poetry slam.
Un equilibrio registico possibile da immaginare, in cui differenti codici scenici coesistono in un unico spettacolo.
Così come è possibile immaginare un coniglietto assassino.
E allora ci siamo detti perché una cosa sì e l’altra no?
Nella struttura drammaturgica tempo e luogo sono scanditi dal linguaggio didascalico della sceneggiatura cinematografica: è un’impalcatura, uno schema mentale messo in atto dal protagonista per oggettivare la realtà e vivere i suoi drammi interiori come se appartenessero a qualcun altro - il protagonista di un film appunto - qualcuno che al limite gli somiglia.
Al grido di “Azione!” però non segue nessuna azione: il viaggio dell’eroe non c’è, non è stato scritto.
In una scenografia non realistica, tecnica e minimale (un microfono, una consolle da dj e un mixer audio) spiccano tre piccoli oggetti di uso domestico: una piantina mezza morta, una moka da tre modello Bialetti e un volume del Candido di Voltaire edizione Mondadori. Prende forma il racconto di un abbandono, una riflessione sull’ingiustizia sociale mascherata da commedia romantica. L’individualismo come unica scelta possibile, come corazza per proteggersi dall’empatia logorante, dalla sofferenza che provoca il mondo che soffre.
Uno spettacolo cinico, tragicissimo, violento ma anche comprensivo e indulgente come una mamma bipolare.
SINOSSI
"Bisogna coltivare il nostro giardino” quest'ultima battuta chiude uno dei capisaldi dell’illuminismo.
In Storia di uno che mi somiglia di luce ne è rimasta poca: bisogna cambiare la lampadina.
Il protagonista è un ragazzo che si è perso nel buio della sua stessa vita, non sa più riconoscersi in quello che fa e mette la testa sotto la sabbia come lo struzzo.
Storia di uno che mi somiglia è il tentativo stralunato e tragicissimo di ritornare alla vita, di provare tenacemente a coltivare il nostro giardino in quello che di certo non è “il migliore dei mondi possibili” ma forse come per questo candido ragazzo, come per la sua piantina, c’è ancora una speranza.
A proposito, lo struzzo: l’uccello più grande del mondo che non sa volare, poverino.