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senza titolo (mâcher ses mots)

elena bastogi

regia Elena Bastogi

anno 2023

attori Elena Bastogi

scheda artistica

senza titolo (mâcher ses mots) è un gioco di e con le parole – per carne, lettere e carta stagnola – e vuole essere preso sul serio come i bambini sanno fare col giocare. Circola, esitante ma non troppo, intorno al cruccio del dare i nomi alle cose. Indugia sull’insofferente quanto antica lotta con i nomi, sul conflitto amoroso e violento con il linguaggio, con il suo agire sul corpo, sui corpi, ma rivela un rendere grazie alle parole, un reclamarne la presenza e un’attenzione nel pronunciarle.
Si domanda come possano diventare materia sovversiva.
Dove non sembra possibile contare sui nomi, se non sembra possibile trovare un nome che non sia sempre già anacronistico, si sceglie di figurarsi una narrazione intorno a una forma che è un pretesto, di raccontarsi una storia senza centro intorno a una parola che non c’è ancora, che non c’è più, che manca.
Ha la forma di una lettera d’amore, di mancanza, di filosofia, di rivoluzione.
Appassioniamoci. Abbiate pietà. Lasciamo che non si consumi.

NOTE DI REGIA
Se il linguaggio è un atto d’inquadramento, è un atto di rappresentazione ed è dunque produttivo.
Di fatto nulla è decontestualizzato, nulla sta fuori da una cornice, nulla è neutro. Ogni cosa ha un nome che non ha senso se non in relazione al suo collocamento (spazio-temporale ma soprattutto socio-culturale).
senza titolo si pone il problema di come sia possibile usare il linguaggio in modo elastico, così che possa rispettare le variabili e la mutevolezza dei corpi, delle cose e del pensiero sulle cose; per far sì che possa somigliare a ciò che tenta di rappresentare pur dove sembra non possa riuscirvi.
Al centro della messa in scena c’è una piccola barca-origami di carta stagnola rimasta incastrata tra i denti, poi uscita dalla bocca e diventata pretesto aleatorio attorno al quale costruire un meta-discorso sul corpo a corpo con i contorni fittizi con cui delimitiamo le cose.
L’attitudine “giocosa” è tesa a sottolineare l’atto di finzione che accomuna il linguaggio, il teatro e il gioco. Nel partecipare a un gioco o a un evento teatrale accettiamo di condividere delle regole, ovvero un contesto, in questo modo la cornice è esplicita anche se vi è l’accordo della temporanea sospensione dell’incredulità. Scegliamo di entrare in un universo particolare di significato, di abbandonarci alla finzione e di credere alla sua realtà, ma con la coda dell’occhio continuiamo a percepire la cornice, a essere consapevoli della sua presenza e del fatto che fuori vi è un altrove. L’intenzione è quella di suggerire e applicare lo stesso approccio nell’uso del linguaggio, che finge il reale perché possa essere pensato razionalmente e condiviso, ed è dunque di per sé una fiction.
Partendo da questo presupposto si può sperimentare una deriva del linguaggio che renda possibile una varietà indefinita di versioni differenti e alternative del mondo, della realtà. Perché non esiste verità che sia vera una volta per tutte.

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