Teatro Rebis e maicol&mirco
di maicol&mirco
con Meri Bracalente, Sergio Licatalosi, Fernando Micucci
scenografie Cifone
musiche Maestro MAT64
drammaturgia e regia Andrea Fazzini
Durata: 55 minuti
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Lo spettacolo
Qualcuno sostiene che Gli Scarabocchi di maicol&mirco siano delle strisce a fumetti. Ironiche e malate. Stupide e violente.
MA
Gli Scarabocchi di maicol&mirco sono un vestito stracciato. Un sassolino nelle scarpe. Il sale nel caffè, il dente da latte sputato in terra. L'incendio di una biblioteca. Il sorriso di un decapitato.
Sono fumetti travestiti da altro. Sono strisce nere sul libro della Storia dell'umanità. Sono la bava di un pennarello scarico. Un omicidio condannato prima di essere commesso.
Sono rossi. Ma il loro rosso non è quello del fuoco, né quello dell'inferno, né quello del tramonto. Il loro rosso è quello della vergogna del Primo Uomo specchiato per la prima volta.
Gli Scarabocchi non sono esseri umani, non sono personaggi. Sono abbozzi. Proprio come me e come te. Essi camminano raramente. Più spesso corrono, inciampano, fuggono, si precipitano.
Nello spazio di una battuta c'è il lampo di una guerra, l'infinita lunghezza di una sconfitta, il colore di una bandiera incendiata.
Profondi e vuoti. Come un burrone.
(maicol&mirco)
Lo scarabocchio è un gesto brutale e rapido, che nasce sovrappensiero, una svista, un segno bruciato che rivela un’immagine irrazionale di sé, che ci si affretta a nascondere – o che si accartoccia e butta via.
Lo scarabocchio è il rimosso.
Suo luogo di appartenenza è il margine: gli angoli dei fogli vergini, il retro dei documenti, la verticalità delle pagine.
Scarabocchi sono i “trasparenti” della società, quelli che abitano la zona rossa, la zona proibita.
Il ritmo degli scarabocchi è dissonante, una fallimentare propensione alla melodia, è una danza che si vuole pudicamente tenere dentro ma che emerge beffarda come balbettio del corpo.
Lo scarabocchio è il digiunatore di Kafka, è Lenny Bruce, è il segreto di mio nonno, morto mentre nascevo e rinchiuso per vergogna in manicomio per vent’anni, sono i compagni di sbornia delle cantine sociali che frequento per evitare la gente che plastifica arte e vita, è la parte più dolce e violenta di me – gli scarabocchi sono le mie debolezze, le mie grida, i miei scoperti, tutti i fiati delle mie risate, le lacrime di bile che colano dense dalla mia bocca, la miseria di me che paralizza.
E’ accartocciare tutto questo “io” in un gesto informe e puro.
(Andrea Fazzini)
Scarabocchi in teatro, nasce dalla collaborazione del Teatro Rebis con maicol&mirco, ed è la metamorfosi scenica dei loro brutali e innocenti fumetti, dove i corpi sono incastonati in scomode reticenze, dove gesto e parola, ridotti all'essenziale, tentano di abbozzare l'immagine 'purificata' di un'umanità risibile e sconcia.
La trasposizione teatrale di Rebis non intende solo riportare in scena gli skaches dei fumetti di maicol&mirco, ma entrare nei silenzi che dividono i personaggi, nell’intimità innocente che evocano, nell’azzeramento del discorso che con ferocia denunciano.
Per sfuggire al carattere narrativo della pittura Cezanne individuava due vie: uno verso la forma pura, per astrazione, l’altra attraverso la sensazione, quella che Lyotard prima e Deleuze poi, chiameranno via del figurale, che avviene per estrazione e isolamento.
Gli Scarabocchi rappresentano un’opportunità eccezionale nella tensione verso la spoliazione dell’orpello, che rappresenta la cifra stilistica del Teatro Rebis, oltre che il segno grafico di maicol&mirco.